Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.

Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la Cookies Policy.

Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

 
  • 17 lug
  • 2023

L’undicesimo pacchetto di misure restrittive nei confronti della Russia e le modifiche alle sanzioni adottate dal decreto legge del 13 giugno 2023 n. 69; come gestire il rapporto contrattuale dal punto di vista dell’esportatore italiano a fronte del continuo inasprimento delle misure restrittive e delle sanzioni?

Il 23 giugno 2023 sono stati pubblicati il Regolamento UE 2023/1214 che modifica il Regolamento 833/2014 ampliando la categoria di prodotti soggetti a restrizione (beni che potrebbero contribuire al rafforzamento militare e tecnologico o allo sviluppo della difesa e della sicurezza in Russia), nonché il Regolamento UE 2023/1215 che modifica il Regolamento 269/2014 ampliando l’elenco dei soggetti listati.

L’esportatore italiano si trova a dover costantemente aggiornarsi circa la possibilità o meno di instaurare un rapporto commerciale e/o eseguire un contratto già in corso laddove per la natura dei prodotti commercializzati e/o il paese e i soggetti a cui i prodotti sono destinati vi siano restrizioni all’importazione. In questi casi, per l’esportatore è fondamentale (i) conoscere la normativa applicabile (ii) conoscere la portata delle sanzioni (iii) effettuare una due diligence per valutare l’eventuale impatto sulla propria relazione contrattuale ed infine, (iv) valutare i rischi contrattuali e i rimedi esperibili.

 

(i) La Normativa applicabile

Le restrizioni all’esportazione, sono in genere stabilite da regolamenti comunitari e riguardano principalmente:

- restrizioni alle esportazioni di prodotti dual use (Regolamento UE 2021/821)

- restrizioni alle esportazioni di merci soggette al Regolamento c.d. “antitortura” (Regolamento UE 2019/125), cioè che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, la tortura o altri trattamenti inumani o degradanti;

- restrizioni nei confronti di determinati Paesi terzi assoggettati ad embargo commerciale.

In quest’ultima tipologia vi rientrano anche le misure restrittive adottate in relazione al conflitto Russia-Ucraina, che vedono la loro fonte principale nel Regolamento UE 2014/833, che individua una serie di attività e elenca i prodotti soggetti a restrizione (divieto di esportazione/importazione, o necessità di preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente) e nel Regolamento UE 2014/269, che individua una lista di soggetti a cui è vietato mettere a disposizione fondi e/o risorse economiche, da intendersi come attività di qualsiasi tipo che possono essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi. Dal 2014 ad oggi, soprattutto a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 21 febbraio 2022, sono stati adottati vari regolamenti di modifica dei predetti regolamenti del 2014 che hanno ampliato progressivamente la lista dei soggetti e l'elenco dei prodotti soggetti a restrizione. Con il Regolamento UE 2023/1214 il Regolamento 2023/1215 siamo giunti all’undicesimo pacchetto di restrizioni adottato dall’inizio del conflitto ad oggi[1].

 

(ii) Le sanzioni applicabili

In base al diritto dell’Unione i regolamenti e le direttive sono privi di effetti sanzionatori diretti, non possono cioè imporre sanzioni, tanto meno di natura penale, per punire il mancato rispetto di un divieto e/o una violazione di quanto prescritto dal regolamento e/o dalla direttiva. I regolamenti e le direttive EU possono unicamente imporre ai singoli stati membri di emanare specifiche leggi sanzionatorie per garantire l’applicazione delle norme europee. In Italia, la normativa di riferimento, per il caso di violazione delle restrizioni all’esportazione previste dai regolamenti unionali è costituita dal D.lgs del 15 dicembre 2017 n. 221, recentemente modificato dal decreto legge del 13 giugno 2023 n. 69.

Alla luce degli articoli 18, 19 e 20 del D.lgs n. 221 del 2017, come da ultimo modificati, chi esporta prodotti a duplice uso e/o merci soggette al regolamento antitortura e/o prodotti listati per effetto di misure restrittive unionali in violazione dei divieti e/o senza la relativa autorizzazione ovvero con autorizzazione ottenuta fornendo dichiarazioni o documentazione false è punito con la reclusione sino a sei anni e con una muta da € 25.000,00 a € 250.000,00.

In caso di mancato rispetto degli obblighi prescritti dall’autorizzazione ottenuta, l’operatore è punito con la reclusione sino a quattro anni e con una multa da euro 15.000 a € 150.000,00.

Anche l’omissione di informazioni e/o la fornitura di informazioni incomplete all’autorità competente è punita, salvo che il fatto costituisca reato, con u da € 15.000,00 a € 90.000,00 con una sanzione amministrativa pecuniaria. Alla medesima sanzione amministrativa soggiace chi omette di conservare, presso la propria sede legale per un periodo non inferiore a 5 anni da quando l’operazione ha avuto luogo, la documentazione relativa alle operazioni effettuate prescritta dal Regolamento sui prodotti dual use e/o dallo stesso D.lgs n. 221/2017.

 

(iii) La necessità di compiere una due diligence sui prodotti e sui clienti

A fronte dei divieti di esportazione, o delle esportazioni subordinate ad autorizzazione e del regime sanzionatorio posto in essere dal D.Lgs n. 221/2017, gli esportatori di prodotti che possono ricadere in tali divieti sono tenuti a valutare attentamente se la conclusione di un nuovo contratto e/o l'esecuzione del contratto già in corso possa essere influenzata dal pacchetto di restrizioni adottato dall'Unione Europea.

Per quanto riguarda, il pacchetto di restrizioni verso la Russia adottato a seguito della invasione dell’Ucraina, la valutazione deve essere effettuata tenendo conto, da un lato dei soggetti-acquirenti russi (due diligence soggettiva) e dall’altro dei prodotti oggetto del contratto (due diligence di prodotto).

La due diligence soggettiva deve considerare se la società acquirente russa e i soggetti lungo la catena di controllo (azionisti, membri del consiglio di amministrazione e alti dirigenti), nonché il beneficiario finale delle merci, siano elencati tra i soggetti a cui la vendita è vietata. Tale verifica viene solitamente effettuata consultando specifiche banche dati di export control.

Per quanto riguarda la due diligence di prodotto, i regolamenti comunitari fanno riferimento alla nomenclatura combinata (c.d. NC), codici doganali ad otto cifre dell’UE, elencando i codici NC di prodotto la cui esportazione è vietata e/o soggetta ad autorizzazione e/o la cui esportazione è consentita purché avvenga entro una specifica finestra temporale.

 

(iv) I rischi contrattuali e i rimedi esperibili

A volte non è agevole conoscere il codice esatto del prodotto (ad esempio nel caso di un impianto progettato appositamente per l’acquirente). In questi casi la verifica può richiedere tempo e, conseguentemente comportare, ritardi nella consegna dei prodotti. Si pone dunque un primo rischio di inadempimento contrattuale da parte dell’esportatore. In questo caso, si consiglia di avvisare immediatamente il cliente della necessità di compiere tali verifiche per evitare di incorrere in sanzioni, negoziando una proroga. In alcuni casi da valutare singolarmente, soprattutto se al ritardo è collegato l’obbligo di corrispondere una penale, potrebbe essere utile invocare, già in questa fase una situazione di forza maggiore, onde non incorrere in responsabilità per il ritardo.

I risultati della due diligence possono essere diversi e diverse sono quindi le considerazioni da compiere in merito all’impatto sui contratti:

- L’acquirente non è listato ed il prodotto è liberamente esportabile; in tal caso il venditore potrà procedere alla conclusione del contratto e/o nel caso di contratto in corso all’esecuzione dello stesso.

- Esiste una finestra temporale entro cui il venditore può ancora esportare il prodotto; questo caso riguarda generalmente i contratti in corso nel momento in cui viene adottata una restrizione. In questi casi è opportuno esaminare attentamente il contratto e verificare se sia opportuno negoziare con l’acquirente una modifica dei termini e delle condizioni (ad es. anticipando la consegna per poter rispettare la finestra temporale).

- Il prodotto può essere esportato ma è necessario richiedere un'autorizzazione; in questo caso occorre verificare le condizioni e le tempistiche per ottenere l’autorizzazione. E’ inoltre opportuno dare atto di tale condizione nel contratto. Laddove invece la necessità di autorizzazione sorga quando il contratto è già stato concluso, sarà opportuno verificare come tale condizione influisca sulle scadenze del contratto ed eventuali penali collegate alle stesse. In questi casi si consiglia di avvisare senza ritardo l’acquirente e, laddove possibile, rinegoziare i termini e le condizioni del contratto.

- Il prodotto è soggetto a divieto di esportazione e/o il cliente è listato tra i soggetti ai quali la vendita non è consentita

Nel caso di divieto di esportazione, non si potrà dare luogo alla conclusione del contratto e, laddove il contratto sia già stato concluso, non sarà possibile procedere all’esecuzione delle stesso.

Nel commercio internazionale, il divieto di esportazione e/o l’impossibilità ad adempiere nel rispetto dei termini contrattuali stante il dovere di rispettare le misure restrittive, è considerata un‘ipotesi di forza maggiore che esenta l’esportatore da responsabilità per l’inadempimento (cfr. Art. 79 Convenzione sulla vendita internazionale di beni mobili (CISG)[2].

In alcuni casi, è lo stesso regolamento comunitario che stabilisce un’esenzione di responsabilità contrattuale a favore di colui che non può adempiere correttamente alle proprie obbligazioni contrattuali a causa delle misure restrittive disposte con tale regolamento. Ad esempio, per quanto riguarda le restrizioni alla Russia, l’articolo 11 del Regolamento UE 833/2014 stabilisce che:

non è concesso alcun diritto in relazione a contratti o transazioni sulla cui esecuzione abbiano inciso, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, le misure istituite ai sensi del presente regolamento, anche ai fini dell’indennizzo o diritto analogo, ad esempio un diritto di compensazione o un diritto coperto da garanzia, segnatamente una proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia, in particolare finanziaria, indipendentemente dalla sua forma se la richiesta è presentata da un’entità russa o comunque elencata dal regolamento suddetto”[3].

Questo articolo, che a parere della scrivente deve considerarsi norma di applicazione necessaria, intende proteggere gli operatori EU, che non hanno potuto adempiere ai loro obblighi contrattuali stante le misure restrittive, da possibili richieste di risarcimento danni, escussioni di garanzie ecc. da parte del partner russo.  In questi casi l’onere di provare che non sussistono le condizioni per l’esenzione di spetta alla parte che agisce per far accertare la responsabilità dell’esportatore e richiedere il risarcimento del danno (il cliente russo).

Laddove sia il Regolamento stesso a prevedere un’esenzione di responsabilità, tale disposizione troverà applicazione a prescindere dall’esistenza di una clausola di forza maggiore nel contratto e anche laddove la clausola di forza maggiore preveda disposizioni più stringenti per la sua operatività.

La sola esenzione di responsabilità non consente, tuttavia, di risolvere le problematiche relative alla sorte del contratto, che non sono regolate da tali regolamenti. E’ dunque importante verificare se il contratto preveda una disciplina con la clausola di forza maggiore o in mancanza conoscere la disciplina dettata dalla legge applicabile al contratto.

In via di principio, a fronte di una restrizione all’esportazione stante il sopravvenire della misura restrittiva, l’esecuzione del contratto è sospesa e i termini per adempiere sono prorogati sino alla cessazione della restrizione. La risoluzione del contratto è invece considerata un ultimo rimedio, ma anche tale rimedio può essere influenzato dalle misure restrittive.

Alla luce dell’attuale situazione del conflitto Russo-Ucraino è probabile che le restrizioni unionali rimangano in vigore per molto tempo. Diventa quindi importante valutare se le parti hanno interesse a "lasciare la prestazione ancora in sospeso" o se e a quali condizioni è possibile la risoluzione. A tal fine potrà essere utile verificare cosa dice la clausola contrattuale sulla forza maggiore. Ad esempio, la clausola redatta dalla Camera di Commercio Internazionale ICC Force Majeure Clause[4], prevede che laddove la situazione di forza maggiore abbia l’effetto di privare in modo sostanziale le parti contraenti di ciò che avevano ragionevolmente diritto di aspettarsi in base al contratto oppure tale situazione duri per più di 120 giorni, ciascuna delle parti possa risolvere il contratto comunicandolo all’altra parte con ragionevole preavviso.

In assenza di una clausola contrattuale, la disciplina prevista dalla Convenzione CISG prevede la possibilità di risolvere il contratto laddove la situazione di forza maggiore sia tale da privare sostanzialmente una delle parti di ciò che poteva ragionevolmente aspettarsi dal contratto (art. 25 CISG). Non vanno tuttavia sottovalutate le conseguenze della risoluzione del contratto, in primis le obbligazioni restitutorie (ad es. gli acconti già ricevuti) che potrebbero essere al momento non possibili stante il vigore delle misure restrittive.

La scelta di risolvere il contratto va quindi esaminata molto attentamente e a questo proposito è fondamentale avvalersi di consulenti esperti che, alla luce del contesto specifico, delle disposizioni contrattuali e della legge applicabile, possano assistere l’esportatore a gestire la situazione specifica.

 

Avv. Mariaelena Giorcelli

 

 

 

[1] Cfr. Regolamento UE 2022/328 del 25 febbraio 2022 (prodotti); Regolamento UE 2022/350 del 1 marzo 2022 (soggetti e prodotti); Regolamento UE 2022/394 del 9 marzo 2022 (prodotti); Regolamento UE 2022/428 del 15 marzo 2022 (prodotti); Regolamento UE 2022/576 dell’8 aprile 2022 (prodotti); Regolamento UE 2022/879 del 3 giugno 2022 (prodotti); Regolamento UE 2022/1269 del 21 luglio 2022 (prodotti); Regolamento UE 2022/1904 del 6 ottobre 2022 (prodotti); Regolamento UE 2022/2367 del 3 dicembre 2022 (prodotti); Regolamento UE 2022/2474 del 16 dicembre 2022 (soggetti e prodotti); Regolamento UE 2023/250 del 4 febbraio 2023 (divieto di acquisto); Regolamento UE 2023/427 del 25 febbraio 2023 (prodotti); Regolamento UE 2023/1214 del 23 giugno 2023 (prodotti); Regolamento 2023/1215 (soggetti).

[2] La Convenzione sulla vendita internazionale di beni mobili, c.d. CISG, è direttamente applicabile ogni qualvolta al contratto si applica la legge italiana e/o la legge di uno del 125 paesi che hanno aderito alla CISG e/o laddove le norme di diritto internazionale privato rimandino all’applicazione della legge di un paese che ha aderito alla CISG.

[3] Analoga disposizione è dettata dall’art. 38 del Regolamento UE 267/2021 relativo alle restrizioni nei confronti dell’Iran.

[4] https://www.iccitalia.org/icc-pubblica-le-clausole-force-majeure-e-hardship-2020/