Consequential damages e clausole di limitazione di responsabilità
Prof. Avv. Fabio Bortolotti
Redattore
E' prassi comune nella contrattualistica internazionale (ed anche interna) pattuire delle clausole che limitano la responsabilità per danni derivanti dall'inadempimento di una parte.
Infatti, le leggi nazionali, come anche la legge uniforme sulla vendita internazionale, prevedono in linea di principio la risarcibilità di tutti i danni conseguenti all'inadempimento, senza particolari limitazioni, sempre che sussista un adeguato nesso di causalità tra l'inadempimento e il danno. Senza entrare nel merito della linea di demarcazione tra danno risarcibile e non (che può variare sensibilmente da un ordinamento all'altro) basti tenere presente che la legge considera normalmente risarcibili danni che possono risultare del tutto sproporzionati rispetto al valore della prestazione inadempiuta. Si pensi alla perdita di produzione dovuta al mancato funzionamento di una macchina, alle mancate vendite in seguito alla ritardata consegna di merci, ai costi di ritiro dal mercato di un prodotto difettoso, ecc.. A ciò si aggiunge che le moderne forme di organizzazione della produzione, aumentano ulteriormente l'impatto dell'inadempimento di un singolo fornitore, come succede quando il ritardo del fornitore di un componente può bloccare una linea di produzione.
In queste circostanze è comprensibile che le parti (ed in particolare i venditori) cerchino di porre dei limiti alla loro responsabilità, in modo da escludere il rischio di dover rispondere di danni che non si sentono in grado di assumere. Ciò può avvenire concordando contrattualmente un tetto massimo (ad es. x volte il valore del contratto in questione o una percentuale del fatturato annuo con la controparte) oppure escludendo in via generale certe categorie di danno, come mancato guadagno, mancata produzione, ecc.
In questo contesto è frequente, nei contratti internazionali, anche a causa dell'influenza dei contratti di origine anglosassone, il riferimento ai consequential damages, come dimostra la clausola seguente:
Neither party shall be liable to the other for any consequential damage with respect to any claim arising out of this agreement.
Se però ci domandiamo cosa significhi il termine consequential damage, ed in particolare, se esso ricomprenda le tipologie di danno che si volevano escludere, scopriamo che si tratta di una nozione equivoca, non in grado di dare risposte precise.
Anzitutto, se il contratto è soggetto ad una legislazione di civil law, come quella italiana), il termine non ha alcun significato giuridico. La parola "danno consequenziale" potrebbe essere intesa come equivalente a "danno indiretto" ed in tal caso essa non includerebbe, ad esempio, il mancato guadagno, qualificato nel nostro ordinamento come danno diretto.
Ma anche negli ordinamenti di common law, dove si distingue tra "direct loss" e "consequential or indirect loss", certe categorie di danno come in particolare la perdita di guadagno, potranno rientrare, a seconda delle circostanze concrete, nella prima o nella seconda nozione.
A questo proposito può essere interessante citare un caso deciso qualche anno fa dalla New York Court of Appeals (sentenza del 27 marzo 2014, Biotronik AG v. Conor Medsystems Ireland Ltd, in 2014 WL 1237514) in cui la corte ha ritenuto che il mancato guadagno derivante da un contratto collaterale con un terzo andava qualificato come general damage e non era quindi esentato in base alla clausola di limitazione di responsabilità riferita ai consequential damages.
Nel caso di specie un distributore, il cui contratto era stato risolto illegittimamente dal fornitore, chiedeva di essere risarcito per il mancato guadagno relativo alle vendite che avrebbe effettuato se il contratto fosse continuato fino alla sua scadenza. Il contratto, però conteneva una clausola che escludeva ogni responsabilità nei confronti della controparte per "indirect, special, consequential, incidental, punitive damage". Il fornitore sosteneva di non essere tenuto a risarcire il mancato guadagno in quanto danno consequenziale, ma la corte decideva trattarsi nel caso di specie di un danno diretto, in quanto nel caso di specie i contratti di rivendita che il distributore avrebbe stipulato non erano collateral agreements, trattandosi piuttosto di rapporti strettamente legati al contratto di distribuzione (in particolare considerando che il prezzo della fornitura al distributore veniva calcolato con riferimento al prezzo di rivendita del distributore).
Senza entrare nel merito dei motivi specifici della decisione della questione, decisa dalla corte di New York sulla base di principi giurisprudenziali sviluppati nel suo ordinamento, interessa mettere in luce come l'uso di nozioni generali come appunto quella di consequential damage, non offre alcuna certezza e può dar luogo a risultati inaspettati.
Conviene pertanto usare la massima cautela nella redazione di clausole di limitazione di responsabilità, inserendo, in aggiunta ad eventuali definizioni generali, il riferimento a specifiche tipologie di danno che si intende escludere, come ad es., mancato guadagno, mancata produzione, mancate vendite, perdita di chance, costi di richiamo dei prodotti (particolarmente nel caso di fornitura di componenti) costi aggiuntivi sostenuti in seguito all'inadempimento. ecc., tenendo conto, ovviamente, delle particolarità del singolo caso di specie.
Fabio Bortolotti