La nuova direttiva sul dovere di diligenza ai fini della sostenibilità: le garanzie contrattuali e i rapporti con i partner commerciali
Mariaelena Giorcelli
Redattore
- I tempi per adeguarsi: entrata in vigore e applicabilità
Il 25 luglio 2024 entra in vigore la Direttiva UE 2024/1760 sul dovere di diligenza ai fini della sostenibilità che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 26 luglio 2026. Le disposizioni della direttiva saranno applicabili gradualmente dal 26 luglio 2027 al 26 luglio 2029 a seconda delle dimensioni e della sede delle società a cui tali disposizioni si rivolgono.
- Finalità
La direttiva si propone di tutelare il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente nel contesto aziendale e dei rapporti commerciali.
In particolare, la direttiva rispecchia le priorità dell’Unione stabilite dal “Green Deal per l’Unione Europea”, la comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2019, con la quale la Commissione ha illustrato il proprio impegno e la propria strategia in materia di contrasto al cambiamento climatico e alla realizzazione di una transizione giusta verso un futuro sostenibile caratterizzato da una società dotata di un’economica moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva. L’obbiettivo è quello di arrivare al 2050 senza generare più emissioni di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse.
Al fine di attuare tale ambizioso obbiettivo la Commissione ha ritenuto fondamentale responsabilizzare le imprese attive nel mercato dell’Unione nella individuazione, prevenzione, gestione e arresto dei possibili impatti negativi sui diritti umani ambientali connessi alle attività delle società stesse, delle loro controllate, nonché dei loro partner commerciali a monte della catena di fornitura e a valle nella rete di distribuzione (catene di valore).
- Impatto negativo
Le disposizioni della direttiva ruotano intorno ai concetti di “impatto ambientale negativo” e di “impatto negativo sui diritti umani”.
Per “impatto ambientale negativo” si intende un impatto negativo sull’ambiente causato dalla violazione (i) dei divieti di causare qualsiasi degrado ambientale, (ii) dei diritti degli individui di disporre di terre e risorse senza essere privati di mezzi di sussistenza e (iii) delle numerose convenzioni internazionali in materia ambientale individuate nell’Allegato alla direttiva[1].
Per “impatto negativo sui diritti umani” si intende un impatto su persone causato da un abuso dei diritti sanciti dalle convenzioni internazionali sui diritti umani individuate nell’Allegato alla direttiva.[2]
- Ambito di applicazione
Gli obblighi previsti dalla direttiva 2024/1760 si applicheranno direttamente alle società di grandi dimensioni attive nel mercato interno dell’Unione.
In particolare, si applicano alle società stabilite nell’Unione Europea:
- con più di 1.000 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale superiore a 450 milioni di euro; o
- che abbiano concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione, in cambio di diritti di licenza con società terze indipendenti, qualora tali accordi garantiscano un’identità e un concetto aziendale comune e l’applicazione di metodi aziendali uniformi e qualora tali diritti di licenza ammontino a più di 22 milioni e 500 mila euro e le società che abbiano registrato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 80 milioni di euro; o
- che siano capogruppo di società che abbiano raggiunto i limiti di cui ai punti precedenti;
Le disposizioni della direttiva 2024/1760 si applicheranno anche alle società stabilite al di fuori dell’Unione Europea, ma che sono attive nell’Unione Europea laddove ricorrano le seguenti condizioni:
- abbiano generato, nell’Unione, un fatturato netto superiore a 450 milioni di euro o siano capogruppo di società che hanno raggiunto tali limiti;
- che abbiano concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione, in cambio di diritti di licenza con società terze indipendenti, qualora tali accordi garantiscano un’identità e un concetto aziendale comune e l’applicazione di metodi aziendali uniformi, qualora tali diritti di licenza ammontino a più di 22 milioni e 500 mila euro e le società che abbiano registrato un fatturato netto nell’Unione superiore a 80 milioni di euro;
- che siano capogruppo di società che abbiano raggiunto i limiti di cui ai punti precedenti[3].
Il fatto che le disposizioni della direttiva siano direttamente applicabili solo alle società sopra individuate, non significa che non vi sia un impatto anche sulle aziende di piccole e medie dimensioni. Le disposizioni impongono infatti degli obblighi di diligenza che si ripercuotono su tutti i partner commerciali anche laddove tali partner commerciali siano piccole e medie nonché alla “catena di attività” dei partner commerciali stessi.
Per “catena di attività” ai sensi della direttiva 2024/1760 si intende:
- attività̀ di un partner commerciale a monte di una società̀ inerenti alla produzione di beni o alla prestazione di servizi da parte di tale società̀, compresi la progettazione, l’estrazione, l’approvvigionamento, la produzione, il trasporto, l’immagazzinamento e la fornitura di materie prime, prodotti o parti di prodotti e lo sviluppo del prodotto o del servizio.
- attività̀ di un partner commerciale a valle di una società̀ inerenti alla distribuzione, al trasporto e all’immagazzinamento del prodotto di tale società̀, laddove i partner commerciali svolgano tali attività̀ per la società̀ o a nome della società̀, a eccezione della distribuzione, del trasporto e dell’immagazzinamento dei prodotti a duplice uso e/o armi e munizioni soggetti al controllo delle esportazioni.
- Gli obblighi introdotti dalla Direttiva
La direttiva 2024/1760 impone l’obbligo alle società di cui al paragrafo precedente di adottare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici volto a garantire con il massimo impegno possibile, la compatibilità del modello aziendale con gli obbiettivi di transizione verso una economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C in linea con l’accordo di Parigi (cfr. art. 2 e 22 della direttiva).
La direttiva 2024/1760 stabilisce, inoltre, in capo alle società questione obblighi rispetto ai possibili impatti negativi che incombono alle società nell’ambito delle proprie attività, delle attività delle società dalle stesse controllate, nonché delle attività svolte dai loro partner commerciali (cfr. art. 2).
Tali obblighi sono individuati nel dettaglio dagli articoli da 5 a 16 della direttiva 2024/1760 e possono riassumersi come segue.
E’ fatto obbligo a ciascuna società di esercitare il dovere di diligenza in materia di diritti umani e di ambiente adottando le seguenti misure:
- Integrazione del dovere di diligenza nelle proprie politiche aziendali: da attuare predisponendo una politica aziendale idonea, un codice di condotta che illustri le norme e i principi a cui devono attenersi dipendenti e partner commerciali della società e l’adozione di misure volte a verificare il rispetto di tale codice. La policy aziendale relativa al dovere di diligenza dovrà essere elaborata previa consultazione con i dipendenti della società e i loro rappresentanti ed essere aggiornata ogni anno (cfr. art. 7 della direttiva)
- Individuazione degli impatti negativi: le società dovranno valutare se la propria attività e organizzazione possa avere impatti negativi sui diritti umani e/o possa determinare impatti negativi con riguardo all’ambiente. L’individuazione degli impatti negativi va effettuata valutando possibili rischi che l’attività della società, delle sue eventuali controllate nonché dei suoi partner commerciali pongono in relazione al rispetto dei diritti umani e al fine di prevenire, attenuare e arrestare gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente che possano verificarsi all’interno della società e lungo tutta la catena di valore (art. 8 della direttiva). Laddove, non sia possibile la prevenzione, attenuazione e arresto degli impatti negativi individuati, le società dovranno “attribuire priorità agli impatti negativi” individuando i più gravi e quelli più di cui è più probabile il verificarsi. L’azione di prevenzione, attenuazione e arresto dovrà quindi concentrarsi sugli impatti a cui è stata attribuita priorità per poi affrontare gli impatti negativi meno gravi e meno probabili (art. 9 della direttiva).
- Prevenzione e attenuazione: le società saranno tenute ad adottare misure di prevenzione predisponendo un piano d’azione operativo e chiedendo a ciascun partner commerciale garanzie contrattuali. Tra le garanzie contrattuali da adottare vi è la richiesta di rispettare il codice di condotta della società e, laddove necessario l’adozione di un piano d’azione volto alla prevenzione degli impatti negativi oltre che all’impegno dei partner commerciali di imporre, a loro volta, obblighi equivalenti ai loro partner commerciali che rientrano nella catena di attività della società (c.d. “sistema a cascata contrattuale”). Laddove sia impossibile prevenire o mitigare gli impatti negativi, la direttiva 2024/1760 prevedere l’obbligo per la società di astenersi dall’instaurare nuovi rapporti con i partner commerciali. Per quanto riguarda invece i rapporti con partner commerciali in corso, la sospensione e/o la cessazione del rapporto d’affari con il partner commerciale, con cui e/o nella cui catena di attività vi sia il rischio di un potenziale impatto negativo, è considerata un ultimo rimedio, dovendosi, prima, cercare di adottare e attuare un piano d’azione mirato al fine della prevenzione e, solo laddove non sia ragionevole che tali iniziative vadano a buon fine ed il rischio di impatto negativo sia grave, cessare il rapporto d’affari. In ogni caso è fatto obbligo alla società, prima di cessare il rapporto con il proprio partner commerciale, valutare che la sospensione e/o cessazione del rapporto d’affari non abbia come conseguenza un impatto negativo ancora più grave e qualora la stessa decida, per tali motivi, di non sospendere la relazione d’affari sarà tenuta a monitorare l’impatto negativo potenziale rivalutando periodicamente la propria decisione.
- Arresto degli impatti negativi effettivi
Nel caso di impatti negativi effettivi la società sarà obbligata ad adottare delle misure adeguate di arresto degli impatti che dovranno essere stabilite dagli Stati membri con il recepimento della direttiva.
- Riparazione degli impatti negativi effettivi
Nel caso in cui la società abbia causato o contribuito a causare un impatto negativo essa sarà tenuta a fornire una riparazione, la cui determinazione è demandata agli Stati membri. Se l’impatto negativo è causato solo dal partner commerciale la società non è obbligata ma può comunque fornire una riparazione su base volontaria (art. 12 della direttiva).
- Instaurazione e mantenimento di una procedura di reclamo
Le imprese dovranno attuare una procedura di reclamo in modo da dare la possibilità alle persone colpite da un impatto negativo, ai sindacati dei lavoratori e/o alle organizzazioni di settore di segnalare una situazione di impatto negativo o anche solo il rischio che si verifichi.
Almeno una volta all’anno, le società dovranno monitorare le misure adottate dalle medesime società, dalle società dalle stesse controllate e dai propri partner commerciali valutandone l’adeguatezza e l’efficacia.
- Comunicazione sul sito web
È fatto obbligo alle società soggette alla direttiva di pubblicare sul proprio sito web una dichiarazione annuale con cui relazionino sull’applicazione della direttiva.
- Clausole contrattuali – Partner commerciali
L’impatto della direttiva sul rapporto con i partner commerciali delle società obbligate al suo rispetto è notevole e comporterà la modifica dei contratti con i propri partner commerciali. Risulta dunque opportuno soffermarsi su tali obblighi e sulla nozione stessa di partner commerciale.
Ai sensi della direttiva nella nozione di “partner commerciale” rientrano non solo i soggetti con cui la società abbia concluso un accordo commerciale connesso all’attività, ai prodotti e ai servizi della società o ai quali la società fornisce servizi (c.d. partner commerciale diretto), ma anche ai soggetti con i quali non è stato concluso un accordo commerciale ma svolgono comunque attività commerciali connesse alle attività, ai prodotti o ai servizi della società.
I contratti con i partner commerciali dovranno quindi prevedere:
- l’obbligo di rispettare il codice di condotta della società;
- se necessario, l’obbligo di predisporre un piano d’azione preventivo;
- l’obbligo di imporre lungo la propria catena di valore a monte e a valle obblighi equivalenti;
- il diritto della società di verificare il rispetto degli obblighi suddetti e le modalità di verifica;
- la possibilità per la società, in caso di rischio di impatto negativo non prevenibile e/o attenuabile, previo preavviso ragionevole, di sospendere le relazioni commerciali, e, nei casi in cui l’impatto negativo sia grave, di risolvere il contratto;
- l’obbligo per il partner commerciale, in caso di impatto negativo effettivo, di adottare un piano d’azione correttivo;
- la possibilità per la società nel caso si verifichi un impatto negativo effettivo e l’adozione del piano correttivo non consenta di arrestare l’impatto negativo, previo preavviso ragionevole, di sospendere le relazioni commerciali, e, nei casi in cui l’impatto negativo sia grave, di risolvere il contratto;
- l’obbligo (opzionale) per il partner commerciale, laddove si verifichi un impatto negativo effettivo di fornire una riparazione.
Tutele per i partner commerciali - PMI
Particolari tutele vengono previste per il caso in cui il partner commerciale della società sia una piccola/media impresa. In questi casi vi è l’obbligo per le società di redigere condizioni, eque, ragionevoli e non discriminatorie. Al partner commerciale PMI non potranno essere addebitati i costi di verifica della conformità agli obblighi sopra indicati laddove demandati ad un terzo indipendente. Laddove, il partner commerciale PMI contribuisca alle spese e/o su accordo della società, potrà condividere i risultati delle verifiche anche con altre società.
La direttiva prevede che, in questi casi, la società debba offrire al partner commerciale un sostegno proporzionato alle capacità del partner ad es. fornendo attività di formazione e assistenza nella gestione delle misure da adottare e, laddove il rispetto del codice di condotta e/o piano di prevenzione imposto al partner commerciale dalla società comprometta la sostenibilità economica del partner stesso, la direttiva prevede che la società offra al partner un sostegno finanziario mirato e proporzionato. Tra le possibili misure di sostegno indicate dalla direttiva, oltre a finanziamento diretto, vi è anche forme di sostegno che si traducono in condizioni contrattuali quali, ad esempio, la disponibilità della società ad un approvvigionamento continuo a fronte del rispetto del codice e della messa in atto di un piano d’azione (cfr. art. 10, § 2 lett. e).
Al fine di adempiere all’obbligo di assicurarsi che i partner contrattuali rispettino il codice di condotta della società ed adottino piani di prevenzione dei rischi adeguati, la Commissione pubblicherà entro il 26 gennaio 2027 clausole contrattuali tipo.
- Sanzioni e responsabilità civile
Il mancato rispetto degli obblighi previsti dalla proposta di direttiva darà luogo a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. La determinazione delle sanzioni è demandata agli Stati membri nel rispetto dei suddetti principi e tenendo conto, al fine della quantificazione della sanzione pecuniaria anche del fatturato della società.
Oltre alle sanzioni, gli Stati membri sono tenuti a provvedere a che la società sia ritenuta responsabile per i danni causati ad una persona fisica o giuridica, con obbligo di risarcire il danno, secondo la normativa nazionale applicabile, laddove la società non abbia ottemperato intenzionalmente o per negligenza agli obblighi di prevenzione e arresto degli impatti negativi previsti dalla direttiva agli articoli 10 e 11 e a seguito di tale inosservanza sia stato causato un danno alla persona fisica o giuridica in questione.
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Infine, oltre alla pubblicazione delle clausole tipo è attesa la pubblicazione da parte della Commissione degli Orientamenti interpretativi della direttiva 2024/1760, e di specifiche linee guida in relazione alle pratiche di acquisto con i propri partner commerciali, che pertanto potranno essere un utile strumento per gestire e redigere i contratti di acquisto e fornitura con tutti i soggetti coinvolti nella catena di valore delle società.
[1] A titolo indicativo e non esaustivo si indicano qui di seguito le principali Convenzioni internazionali in materia ambientale a cui si riferisce l’allegato alla direttiva 2024/1760: Convenzione sulla diversità biologica del 1992 e del 2014; Protocollo di Cartagena; Protocollo di Nagoya; Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES) del 1973; Convenzione di Minamata sul mercurio; Convenzione di Stoccolma del 2021 sugli inquinanti organici persistenti e Regolamento UE 2019/1021; Convenzione sulla procedura di previo assenso informato per taluni prodotti chimici e pesticidi pericolosi nel commercio internazionale del 1998; Convenzione di Vienna per la protezione dello stato di ozono e del relativo protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono; Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento del 1989; il Regolamento UE 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti.
[2] A titolo indicativo e non esaustivo si indicano qui di seguito le principali Convenzioni internazionali sui diritti umani a cui si riferisce L’Allegato della direttiva 2024/1760: Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali; Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 1989; Convenzione ILO sull’età minima per l’assunzione dell’impiego del 1973; Convenzione ILO relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile del 1999; Dichiarazione ILO sui principi e diritti fondamentali nel lavoro; Convenzione ILO sul lavoro forzato del 1930; Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale e protocollo addizionale contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini (Protocollo di Palermo); Convenzione ILO concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale del 1948; Convenzione ILO sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva, del 1949; Convenzione ILO concernente l’uguaglianza di retribuzione, del 1951; Convenzione ILO concernente la discriminazione in materia di impiego e professione, del 1958; Dichiarazione tripartita di principi ILO sulle imprese multinazionali e la politica sociale; Dichiarazione ONU sui diritti dei popoli indigeni; Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio; Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti; Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale; Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna; Convenzione sui diritti delle persone con disabilità; Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche.
[3] La proposta direttiva del 2022 prevedeva un ambito di applicabilità molto più ampio, ai sensi della proposta, infatti, i livelli minimi erano più bassi in quanto la proposta prevedeva che la stessa si applicasse alle società, operanti in qualsiasi settore, con almeno 500 dipendenti e un fatturato netto compreso tra i 40 e i 150 milioni di euro. Inoltre, la proposta di direttiva estendeva l’applicabilità delle sue disposizioni anche a società di dimensioni più ridotte (con più di 250 dipendenti ed un fatturato superiore a 40 milioni di euro) ma operanti in particolari settori considerati più a rischio (tra questi la fabbricazione e/o commercio all’ingrosso di tessuti, pellami e relativi prodotti (calzature comprese), fabbricazione di prodotti alimentari e commercio all’ingrosso di materie prime agricole, oltre che il settore dei minerali e di fabbricazione e commercio di certi prodotti minerali). Tale distinzione è invece stata abbandonata nella versione definitiva della direttiva.
Avv. Mariaelena Giorcelli