L’influencer è inquadrabile come agente di commercio?
Arianna Ruggieri
Redattore
Con una recente sentenza (Tribunale Roma del 04.03.2024, n. 2615) il Tribunale capitolino ha stabilito che l’influencer, che promuove sul web i prodotti di un’azienda, al ricorrere di certe condizioni, è inquadrabile come agente di commercio.
La vicenda trae origine da un accertamento ispettivo Enasarco, con cui la Fondazione aveva chiesto all’azienda il versamento di contributi in relazione ad alcuni soggetti con cui la società aveva concluso contratti di collaborazione per prestazioni di influencer e che Enasarco riteneva fossero qualificabili come agenti. La società, ritenendo non sussistessero i presupposti per qualificare tali soggetti nel contratto di agenzia, aveva proposto ricorso innanzi al Tribunale di Roma (sez. lavoro) per chiedere l’annullamento del verbale Enasarco e, conseguentemente, che fossero dichiarate non dovute le somme pretese da Enasarco a titolo di contributi e relative sanzioni. Enasarco ovviamente si era costituita in giudizio, opponendosi all’accoglimento del ricorso dell’azienda e ribadendo le ragioni per cui riteneva dovuto il pagamento delle somme richieste.
Il giudice di prime cure ha ritenuto valide e condivisibili le motivazioni addotte dalla convenuta (Enasarco) volte a qualificare quei soggetti come agenti, poiché nel caso di specie, con la sottoscrizione del contratto (denominato accordo di influencer), il collaboratore si impegnava a promuovere per conto della società i prodotti del brand di proprietà della società medesima sulle proprie pagine web, indicando altresì il proprio codice sconto, che fungeva da collegamento ai siti web della società e contestualmente permetteva alla società di determinare gli ordini riconducibili a quell’influencer. Inoltre, il contratto prevedeva espressamente che “per ogni ordine direttamente procurato e andato a buon fine, l’influencer avrà diritto di percepire dalla società un compenso del 10% [..]”. Inoltre, l’assenza di una precisa area geografica di riferimento così come l’assenza di ricerca diretta dei clienti da parte degli influencers (contestazioni sollevate dalla ricorrente) non sono stati ritenuti elementi determinanti per escludere l’inquadramento nel contratto di agenzia.
In sostanza, in base alla documentazione versata in atti, il Tribunale, dopo aver analizzato e riepilogato le differenze principali tra agente di commercio e procacciatore d’affari, ha ritenuto la sussistenza di una serie di indizi (gravi, precisi ed univoci) idonei a dimostrare gli elementi della stabilità e della continuità, tipici dell’agenzia di cui all’art. 1742 c.c.. In particolare, sono stati ritenuti idonei a qualificare il rapporto come agenzia i seguenti elementi:
- lo scopo del contratto stipulato con l'influencer, che non era di mera propaganda bensì quello di vendere i prodotti promossi direttamente ai followers di un determinato influencer, tanto che il follower in sede di acquisto doveva inserire il codice di sconto personalizzato associato all'influencer;
- la presenza di una zona determinata, che (pur in assenza di un’area geografica specifica), ben può essere intesa come comunità dei followers dell'influencer, che acquistano i prodotti della società mediante il codice sconto personalizzato dell'influencer;
- il vincolo di stabilità provato dalla presenza di estratti conto contabili delle provvigioni ricevute dagli influencer e dalla sistematica emissione dì fatture per una serie indeterminata di affari procurati attraverso l'attività promozionale svolta sui social e siti web compensati con la percentuale stabilita in contratto;
- la durata del contratto, stipulato a tempo in determinato, nell'ottica quindi di un rapporto stabile e predeterminato.
In conclusione, secondo la sentenza in commento, l'influencer che promuove in via stabile e continuativa i prodotti di un'azienda online deve essere inquadrato come agente di commercio. Il Tribunale capitolino ha altresì precisato che per essere considerati agenti di commercio non è necessario che gli influencer si rivolgano individualmente ai propri followers per incoraggiarli all'acquisto, né l'agente è tenuto a cercare direttamente i clienti e la "zona determinata" in cui opera non è solo quella geografica. L'importante è che la sua attività sia finalizzata alla conclusione degli affari per i quali viene remunerato e sia svolta in modo stabile e continuativo.
Alla luce di quanto precede, sarà quindi importante per le aziende che si avvalgono di tali figure rivolgersi ad un legale specializzato per comprendere a fondo le implicazioni di tale decisione, monitorare i prossimi sviluppi (atteso che potrebbero esserci nuove pronunce sul punto) e definire le strategie migliori da adottare.
Avv. Arianna Ruggieri