L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato riequilibra le clausole contrattuali nei contratti di franchising
Avv. Silvia Bortolotti
Redattore
Il 31 gennaio 2023 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha formalmente chiuso un procedimento contro il gruppo Benetton per abuso di dipendenza economica.
Il procedimento è nato da una denuncia di un ex franchisee che gestiva due negozi Benetton, il quale lamentava di aver subito un abuso di dipendenza economica, che lo avrebbe indotto a cessare l'attività. Sulla base di tale denuncia, il 17 novembre 2020 l'AGCM ha aperto un'istruttoria antitrust, sostenendo che la condotta di Benetton potesse costituire un abuso di dipendenza economica, rilevante ai fini della tutela della concorrenza, data la sua posizione sul mercato e il possibile impatto su tutti gli imprenditori della sua rete.
Ai sensi dell'articolo 9 della legge 192 del 1998, che disciplina l'abuso di dipendenza economica, per determinare l'esistenza di tale abuso occorre innanzitutto accertare l'esistenza di una "dipendenza economica" tra due imprese, ossia (1) che una di esse si trovi in una situazione che comporti un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi nelle sue relazioni commerciali con l'altra e (2) che l'altra impresa non abbia la reale possibilità di trovare alternative soddisfacenti sul mercato. Una volta accertata l'esistenza di una situazione di dipendenza economica, occorre poi verificare se l'impresa "forte" abbia commesso un "abuso", con particolare riferimento - nel caso di specie - all'imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente onerose o discriminatorie.
Nel corso del procedimento contro Benetton, l'AGCM ha sostanzialmente sostenuto la posizione dell'ex franchisee, contestando la validità di alcune clausole contrattuali del modello di contratto di franchising di Benetton applicabile in Italia, ritenute troppo sbilanciate a favore del franchisor, nonché la mancanza di clausole che prevedessero determinati diritti del franchisee.
Le clausole contrattuali contestate sono in realtà quelle tipiche incluse in quasi tutti i contratti di franchising (ad esempio, clausole sui budget stagionali, sul riassortimento automatico, sul recesso per giusta causa, sulla consegna dei prodotti, sugli arredi, ecc.) Dai documenti del procedimento risulta che Benetton, dopo aver cercato di giustificare e spiegare lo scopo e la ragione delle disposizioni contrattuali, ha infine accettato di modificare alcune clausole (attraverso l'"assunzione di impegni"), al fine di ottenere la chiusura dell'indagine ed evitare sanzioni.
In particolare, Benetton ha accettato di modificare il proprio contratto di franchising, limitando il proprio diritto di risolvere il contratto per giusta causa in determinate circostanze (ad esempio, escludendo tale diritto in caso di mancato pagamento da parte dell'affiliato di somme non direttamente connesse al contratto di franchising; e, per quanto riguarda il caso di mancato adempimento degli obblighi di pagamento previsti dal contratto di franchising, facendo precedere la risoluzione da una procedura specifica). Inoltre, Benetton ha accettato di cancellare dall'accordo le disposizioni che secondo l’AGCM potrebbero essere interpretate (anche indirettamente) come un obbligo di acquisto minimo per l'affiliato (ad esempio, budget stagionali, riassortimento automatico). Infine, il franchisor ha accettato di includere nel contratto alcune disposizioni aggiuntive in favore dell'affiliato: ad esempio, il diritto dell'affiliato di rivendere gli arredi all'affiliante alla fine del rapporto, a condizioni di prezzo prestabilite; o il diritto dell'affiliato di risolvere l'accordo con un preavviso, dopo la fine del primo anno.
Benetton non è il primo franchisor in Italia, che ha accettato di modificare il proprio standard contrattuale di franchising, al fine di chiudere un'indagine antitrust ed evitare sanzioni.
Negli ultimi anni sono stati aperti, ad esempio, procedimenti nei confronti di McDonald's e di Original Marines (si vedano le decisioni dell'AGCM rispettivamente del 14 giugno 2022 e del 5 luglio 2022), che sono stati chiusi a fronte dell’assunzione dell’impegno - da parte degli affilianti - di modificare i loro modelli di contratto in conformità alle contestazioni emerse nell’ambito dei relativi procedimenti: ciò ha comportato, ad esempio, l’eliminazione dai relativi contratti di clausole che prevedevano minimi di acquisto o patti di non concorrenza post-contrattuale, pur trattandosi di disposizioni che non violavano alcuna disposizione di legge.
Tale scelta è chiaramente comprensibile dal punto di vista del franchisor, considerato il suo interesse a evitare un'eventuale decisione dell'AGCM che potrebbe incidere sull'equilibrio dei suoi contratti di franchising ed eventuali sanzioni. Sebbene la posizione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sia discutibile (riguardo alla sussistenza dei requisiti di cui all'art. 9 della Legge 192/1998: in particolare, la prova della dipendenza economica, del presunto abuso e dell'impatto sulla concorrenza nel mercato rilevante), appare ragionevole per il franchisor accettare una transazione che implichi la cancellazione di una serie di clausole ritenute critiche.
Tuttavia, attraverso questo tipo di approccio l'AGCM si attribuisce di fatto il potere di "riequilibrare" i contratti di franchising, autorità che la legge italiana non le riconosce.
Questo argomento è attualmente un "tema caldo" non solo in Italia ma anche in altre giurisdizioni ed il bilanciamento dei contratti è sempre più spesso oggetto di valutazione anche da parte dei tribunali nazionali.
La Conferenza annuale IDI del 2023, che si terrà a Bologna il 9-10 giugno 2023, tratterà questo argomento nella sua sessione plenaria.
Avv. Silvia Bortolotti