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  • 5 dic
  • 2022

Adeguamento dei contratti e delle reti distributive al nuovo Regolamento sulla Concorrenza (Reg. UE 720/2022)

Com’è noto, il 10 maggio 2022 è stato adottato il nuovo Regolamento UE di esenzione per categoria degli accordi verticali (Regolamento 720/2022, anche denominato "VBER") e le relative Linee Guida.

Il Regolamento è entrato in vigore il 1° giugno 2022. Tuttavia, le nuove disposizioni si applicheranno ai contratti già in vigore al 31 maggio 2022 - e conformi al precedente Reg. 330/2010 - solo a partire dal 31 maggio 2023: entro tale termine dovranno quindi essere apportate le eventuali modifiche ai contratti di distribuzione (esclusiva e/o selettiva) e di franchising, necessarie per renderli conformi alle nuove norme e, alla luce delle novità introdotte, questa potrà essere l’occasione per studiare e valutare nuove strategie di riorganizzazione della propria rete distributiva offline e online.

Risulta quindi importante accennare alle principali novità introdotte dal nuovo Regolamento e dalle Linee Guida.

 

1. Le restrizioni alle vendite online nei contratti di distribuzione e franchising

Una delle modifiche più importanti consiste nell'introduzione nel Regolamento di una chiara definizione delle nozioni di "vendite attive" e "vendite passive" (articolo 1, paragrafo 1, lettere (l) e (m)).

In precedenza, tali definizioni erano incluse solo nelle Linee Guida (§ 51) e, rispetto al nuovo testo, erano previste una nozione più ampia di "vendite passive" e una più restrittiva di "vendite attive"; ma anche le relative definizioni erano poco chiare e lasciavano spazio ad un elevato livello di incertezza.

Risultava pertanto difficile per le imprese valutare la conformità di eventuali restrizioni imposte ai propri distributori/franchisee, in particolare per quanto riguardava le vendite e le promozioni via internet, a fronte di un elevato rischio che le stesse potessero essere considerate vietate. È quindi molto apprezzabile la chiarezza delle nuove definizioni, la loro inclusione nel Regolamento (anziché solo nelle Linee Guida) ed il fatto che vi sia ora una nozione più ampia di "vendite attive" e una più restrittiva di "vendite passive", che risultano più rispondenti alle modalità di promozione e vendita online oggi effettivamente utilizzate.

Ma la modifica più importante a questo riguardo, consiste nell'introduzione di una nuova e specifica restrizione fondamentale, relativa all'uso di internet (art. 4, paragrafo 1, lettera e)), individuata nei termini seguenti:

«e)  la pratica di impedire l'uso efficace di internet da parte dell'acquirente o dei suoi clienti per vendere i beni o servizi oggetto del contratto, in quanto tale pratica limita il territorio in cui, o i clienti ai quali, i beni o servizi oggetto del contratto possono essere venduti ai sensi delle lettere b), c) o d), fatta salva la possibilità di imporre all'acquirente:

i) altre restrizioni delle vendite online; o

ii) restrizioni della pubblicità online che non hanno lo scopo di impedire l'uso di un intero canale pubblicitario online;»

Ciò significa che un divieto generale, diretto o indiretto, dell'uso di internet è certamente vietato; tuttavia, sono ammesse restrizioni alla vendita e alla pubblicità online, nella misura in cui esse non impediscano l’uso efficace di internet.

A questo proposito, le nuove Linee Guida (anche recependo i principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria) forniscono esempi ed indicazioni specifiche circa le restrizioni che possono (cfr. §§ 208-210) e non possono (cfr. § 206) essere imposte. Ad esempio:

-   non è possibile imporre all'acquirente di vendere i beni o i servizi oggetto del contratto solo in uno spazio fisico o alla presenza fisica di personale specializzato (cfr. Linee Guida, § 206 (c));

-   al contrario, è consentito prevedere un divieto diretto o indiretto di utilizzo di marketplaces online (cfr. Linee Guida, § 208 (c));

-   è possibile richiedere che l'acquirente paghi un prezzo all'ingrosso diverso per i prodotti venduti online rispetto a quelli venduti offline, se giustificato, ad esempio, da costi e investimenti (c.d. dual pricing - cfr. Linee Guida, § 209);

-   è possibile prevedere un obbligo di vendere una quantità minima di beni o servizi offline, sulla base di criteri oggettivi (cfr. Linee Guida, § 208 (e), ipotesi che peraltro era già prevista nelle precedenti Linee Guida).

Per quanto riguarda la pubblicità online, l'articolo 4 (e) del Regolamento prevede che non si possa limitare un "intero canale pubblicitario online" e le Linee Guida citano, come possibili esempi, i motori di ricerca o i servizi di comparazione dei prezzi. Tuttavia, anche a questo riguardo le Linee Guida offrono alcune indicazioni utili per trovare soluzioni contrattuali adeguate, che devono essere considerate anche alla luce della giurisprudenza comunitaria precedente, ad esempio in materia di AdWords.

In conclusione, per quanto riguarda le vendite e la pubblicità online, le aziende dovranno quindi astenersi dall'imporre restrizioni che abbiano come obiettivo diretto o indiretto quello di impedire l'uso effettivo di internet da parte del distributore/franchisee; entro questo limite, potranno essere imposte al distributore eventuali restrizioni alle vendite online, ma occorrerà anche verificare che tali restrizioni rimangano coerenti con lo specifico sistema di distribuzione utilizzato (ad es. rete esclusiva o rete selettiva). In ogni caso, occorre poi sempre considerare i possibili effetti cumulativi delle diverse restrizioni.

 

2. Restrizioni territoriali: possibile riorganizzazione della rete distributiva

Per quanto riguarda le restrizioni territoriali, il precedente Regolamento prevedeva un divieto generale di restrizioni territoriali e, come eccezione, consentiva solo (i) la restrizione delle vendite attive a territori o gruppi di clienti assegnati in esclusiva ad altri distributori (o riservati al fornitore); (ii) la restrizione delle vendite agli utenti finali da parte di acquirenti che operano a livello di commercio all'ingrosso; e (iii) la restrizione delle vendite attive e passive da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva a distributori non autorizzati all'interno del territorio riservato dal fornitore per la gestione di tale sistema (si veda l'articolo 4, lettera b), punti i), ii) e iii) del Reg. 330/2010).

Ora, l'articolo 4, lettere (b), (c) e (d) del nuovo Regolamento fornisce una descrizione dettagliata delle restrizioni territoriali e alla clientela ammissibili e vietate, distinguendo tra (i) distribuzione esclusiva; (ii) distribuzione selettiva; e (iii) distribuzione libera (cioè distribuzione non esclusiva e non selettiva), fornendo una maggiore chiarezza sulle interazioni tra i diversi canali distributivi.

Per quanto riguarda le reti di distribuzione selettiva, esse ora possono essere protette dalle vendite attive e passive a distributori non autorizzati della rete, non solo da parte dei membri della stessa rete selettiva, ma anche da parte di distributori esterni alla rete. Ma il principio generale più innovativo in questo ambito è che il fornitore può ora richiedere ai suoi distributori di "trasferire" le stesse restrizioni anche ai loro clienti diretti (e, quando la restrizione protegge un sistema selettivo, anche più in basso nella catena di distribuzione). Si tratta di una modifica molto importante, che può garantire un livello di protezione più elevato nelle reti di distribuzione.

Tuttavia, traslare tali principi dalla teoria agli accordi effettivi, garantendo un coerente coordinamento tra le varie reti di vendita nei diversi territori dell’Unione Europea non è così facile e permangono purtroppo varie criticità, che erano state segnalate alla Commissione UE in fase di revisione.

Per quanto riguarda gli accordi di franchising, in linea di principio essi possono rientrare nell'ambito di applicazione delle norme di ciascun sistema, a seconda del modello di distribuzione scelto dall'affiliante, ad esempio selettivo o esclusivo (cfr. § 167 delle Linee Guida). In pratica, nella maggior parte dei casi non vi è una scelta esplicita né a favore del sistema selettivo (ad esempio introducendo nel contratto di franchising disposizioni esplicite in conformità all'articolo 4 (c) del Regolamento), né a favore del modello esclusivo (ad esempio prevedendo una restrizione alle vendite attive nei territori eventualmente attribuiti in esclusiva a ciascun affiliato). Tuttavia, è importante che la scelta di uno specifico sistema di distribuzione sia consapevole e coerente con le restrizioni previste dai relativi accordi.

 

3. “Dual distribution”

Una delle disposizioni più critiche introdotte nel nuovo Regolamento riguarda la c.d. duplice distribuzione (“dual distribution”). La questione si pone, ad esempio, quando le aziende vendono i loro prodotti online parallelamente alla rete di distribuzione fisica tradizionale, o quando i franchisor hanno negozi diretti sul territorio, in concorrenza con i negozi dei loro affiliati. Questa situazione porta il concedente/franchisor a competere con i membri della sua rete, il che può dare origine ad una restrizione orizzontale della concorrenza tra loro.

L'articolo 2 (4) del Reg. 330/2010 esentava gli accordi verticali non reciproci tra il fornitore e i suoi distributori in ragione del fatto che le due parti sono tipicamente concorrenti a valle, ma non a monte e quindi non dovrebbero sorgere particolari problemi di concorrenza.

Il nuovo VBER, oltre a riformulare gli artt. 2 (4) lettere a) e b), ha introdotto una disposizione aggiuntiva che esclude il beneficio dell'esenzione in caso di scambio di informazioni tra le due parti, tranne nel caso in cui tale scambio di informazioni sia (i) direttamente connesso all'attuazione dell'accordo verticale; o (ii) necessario per migliorare la produzione o la distribuzione dei beni o servizi oggetto del contratto. Le Linee Guida forniscono un elenco di esempi di possibili scambi di informazioni che probabilmente (§ 99) o difficilmente (§ 100) soddisfano le condizioni di cui sopra.

Le nuove norme impongono quindi una verifica caso per caso del tipo di informazioni scambiate e un difficile compito nella gestione di questi aspetti (considerando, ad esempio, i software e i database normalmente utilizzati nelle reti di franchising e distribuzione), che implica un irragionevole aumento dei costi per le imprese.

Per quanto riguarda le conseguenze di un'eventuale violazione della norma, ai sensi dei §§ 102-103 delle Linee Guida, nel caso in cui lo scambio di informazioni non soddisfi le due condizioni, lo scambio di informazioni dovrà essere valutato individualmente ai sensi dell'articolo 101 del Trattato; in ogni caso, le altre disposizioni dell'accordo verticale beneficeranno comunque dell'esenzione. Inoltre, si dovrà considerare la possibile applicazione della Comunicazione “De Minimis” con riguardo agli accordi che hanno un impatto non rilevante sul mercato.

 

4. Fornitori di servizi di intermediazione online (piattaforme online)

L'art. 1, par. 1, lett. e) del Reg. 720/2022 definisce i "servizi di intermediazione online" facendo riferimento alla nozione di "servizi della società dell'informazione" di cui alla Direttiva UE 2015/1535.

Tale nozione ha un ambito di applicazione molto ampio, in quanto può essere applicata ai marketplaces, agli app stores, piattaforme di consegna, ecc. Tale nozione si applica non solo quando la transazione viene conclusa sulla piattaforma, ma anche quando la piattaforma reindirizza i clienti verso altri siti web per la conclusione della transazione (cfr. § 332 delle Linee Guida): pertanto, vengono inclusi anche, ad esempio, strumenti di comparazione prezzi, servizi di social media, ecc. Può anche includere altre situazioni, ad esempio la piattaforma di un franchisor attraverso la quale sia il franchisor che i suoi affiliati possono vendere online ai clienti finali.

La definizione di "fornitore di servizi di intermediazione online" e la relativa disciplina si applica solo al caso in cui la piattaforma agisca come intermediario in una transazione conclusa tra l'impresa venditrice (che acquista i servizi di intermediazione) e il terzo acquirente/cliente. Al contrario, essa non si applica al caso in cui la piattaforma agisca come acquirente/rivenditore dei beni o servizi in questione. Tuttavia, se la piattaforma ha una funzione ibrida (cioè agisce anche come acquirente/rivenditore degli stessi prodotti o servizi attraverso la piattaforma) l'accordo verticale non sarà esentato, né si applicherà l'esenzione prevista dall'art. 2, paragrafo 4, del VBER sullo scambio di informazioni nella “dual distribution”.

Il rischio di perdere l'esenzione è certamente preoccupante per le imprese che agiscono come piattaforme ibride. Ad esempio, se consideriamo una piattaforma attraverso la quale un franchisor venda i propri prodotti e - allo stesso tempo - consenta e faciliti le vendite tra i propri franchisee e gli utenti finali dei medesimi prodotti, il franchisor avrà una funzione ibrida e, in linea di principio, non beneficerà dell'esenzione per categoria, né delle esenzioni sulla “dual distribution” (artt. 2 (6) e 2 (4) del VBER), con le conseguenze menzionate al precedente paragrafo.

Tuttavia, il § 109 delle Linee Guida specifica che:

«In assenza di restrizioni per oggetto o di un potere di mercato significativo, è improbabile che la Commissione attribuisca la priorità alle azioni di applicazione della normativa nei confronti di accordi verticali relativi alla fornitura di servizi di intermediazione online in cui il fornitore svolge una funzione ibrida. Questo vale in particolare quando, in uno scenario di duplice distribuzione, un fornitore consente agli acquirenti dei suoi beni o servizi di utilizzare il suo sito web per la distribuzione dei beni o servizi, ma non consente l’utilizzo del sito web per offrire marchi concorrenti di beni o servizi e non è comunque attivo sul mercato rilevante per la fornitura di servizi di intermediazione online per quanto riguarda tali beni o servizi.»

Sembrerebbe quindi che la Commissione sia soprattutto preoccupata dall’impatto delle piattaforme più grandi (Google, Apple, Facebook e Amazon – GAFA, come confermato da altri importanti provvedimenti emessi di recenti, quali ad esempio il Digital Market Act) e che non intenda invece perseguire le imprese più piccole (ad esempio i franchisor nell'esempio citato). Tuttavia, è essenziale che le imprese che intendano offrire tali servizi (ad esempio, alla propria rete di vendita) valutino accuratamente i possibili rischi e adottino tutele adeguate. 

 

5. Obbligo di non concorrenza del distributore

Il nuovo Regolamento ha mantenuto la limitazione a cinque anni dell’obbligo di non concorrenza durante il periodo contrattuale, già previsto dal precedente VBER.

Tuttavia, il § 248 delle Linee Guida prevede che:

«.. Gli obblighi di non concorrenza che sono tacitamente rinnovabili oltre i cinque anni possono beneficiare dell’esenzione per categoria, purché l’acquirente possa effettivamente rinegoziare o risolvere l’accordo verticale contenente l’obbligo con un ragionevole preavviso e a un costo ragionevole, e sia quindi in grado di passare a un altro fornitore dopo la scadenza del periodo di cinque anni. ..»

Pertanto, ora gli accordi di distribuzione possono includere una clausola di tacito rinnovo, a condizione che siano rispettate le condizioni richieste dalla disposizione sopra citata.

 

6. Conclusioni

In questo articolo abbiamo trattato le principali novità del Regolamento 720/2022; vi sono ovviamente ulteriori aspetti che sono stati oggetto di riforma e che, nel contesto della verifica dei contratti, dovranno essere tenuti in considerazione. Inoltre, come anticipato, la valutazione della nuova disciplina può anche costituire l’occasione e l’opportunità per elaborare nuove strategie di riorganizzazione delle reti di vendita offline e online, nel contesto territoriale europeo.

Il nostro studio è a disposizione per assistere le imprese nelle valutazioni, strategie e modifiche contrattuali sopra indicate.

Questo tema sarà anche oggetto di discussione e confronto nell’ambito della prossima conferenza annuale dell’International Distribution Institute (IDI) che si terrà il 9-10 giugno 2023, a Bologna.

 

Silvia Bortolotti